Agricoltura: innovazione tecnologica o tradizione?

Per rispondere al fantomatico quesito che in campo agricolo, e non solo, vede l’innovazione tecnologica in contrapposizione con la tradizione, è necessario ammettere quattro punti critici: l’energia fossile è presente sul pianeta in quantità finite; il consumo di combustibili fossili incrementa l’effetto serra; negli ultimi anni si è assistito a una forte divaricazione tra i costi dell’energia e i prezzi pagati dalle aziende agricolo-zootecniche; il sistema agricolo italiano è molto intensivo ed “energivoro” rispetto ad altri sistemi più competitivi 1.

L’energia sta finendo e l’ambiente sta arrivando alla sua massima sopportazione: è assolutamente necessario ricercare e percorrere vie alternative, ovvero iniziare a pensare in maniera diversa. L’era del petrolio ha condotto l’agricoltura verso cambiamenti enormi: dall’autoconsumo di alimenti si è passati alla generazione di prodotti alimentari, dotati di una parte fisica (prodotto materiale) e di una impalpabile legata al mercato globale (servizio).

Prima dell’arrivo dei macchinari e dei concimi di sintesi, i cosiddetti concimi “chimici”, l’agricoltura tradizionale aveva una produttività molto bassa. Gli anni 2000 hanno visto il picco produttivo proprio grazie ai combustibili fossili. In un futuro prossimo, però, sarà d’obbligo praticare una zootecnia e un’agricoltura ad alto grado di sostenibilità, col minor utilizzo possibile di energia fossile, che allo stesso tempo siano in grado di sfamare la popolazione mondiale. Dunque, l’innovazione tecnologica è fondamentale. Lo è stata nel passaggio dal lavoro manuale a quello meccanico, e dal lavoro meccanico a quello più intellettuale.

Grazie all’agricoltura di precisione applicata su vasta scala il “lavoro ad occhio” (sistema di misura esterno alla macchina, regolazione manuale) verrà completamente sostituito da un sistema di misura integrato alla macchina (regolazione semiautomatica o automatica  per programmare l’esecuzione di un lavoro complesso) e, successivamente, da un sistema di misura integrato nell’azienda (factory automation, per programmare l’intero ciclo produttivo).

L’incremento delle tecnologie innovative, quindi l’automazione e il maggiore utilizzo dei sistemi informativi (GPS, GIS, VRT), inducono miglioramenti importantissimi in campo operativo (più hardware ) e direttivo (più software). Alcuni esempi sono la guida assistita e automatica delle macchine agricole, l’eliminazione delle rilavorazioni e delle sovrapposizioni, la misura precisa delle produzioni, il monitoraggio dello stato del terreno e delle colture tramite sensori, così da poter regolare le lavorazioni e organizzare distribuzioni differenziate. Il concetto di identificazione si integra col concetto di posizione, consentendo l’esecuzione di operazioni agricole in modo sito-specifico. All’identificazione, al monitoraggio e al controllo a opera dei sensori e di macchine autonome seguono, a loro volta, un’analisi e un successivo miglioramento della situazione per mezzo di software specializzati. Perciò, se l’attività di monitoraggio consiste nella raccolta di dati grezzi, una loro elaborazione e selezione sono necessarie. In una successiva attività di controllo, l’analisi dei dati elaborati serve a valutare e a decidere l’utilizzo delle informazioni, per poi passare a un’azione concreta sulle colture.

L’avanzamento tecnologico, per forza di cose, corrisponde a un cambiamento a volte drastico del tipo di mestieri. Per questo, a breve, ci sarà bisogno di una maggiore professionalità da parte degli operatori, come di un passaggio graduale dall’ottica dell’occupazione a quella del reddito.

In fin dei conti, i benefici derivanti da un mutamento così grande varranno tutte le fatiche che lo accompagnano: minori tempi di lavoro, minor affaticamento dell’operatore, uso efficiente degli input, aumento della produzione, della qualità e del profitto, nonché tutela dell’ambiente. Sarebbe a dire, la riduzione degli sprechi energetici ed economici in un’ottica di sostenibilità.

Quando si analizza un dato territorio si devono considerare i fattori socio-economici, demografici, le particolarità della zona e di quali sovvenzioni è possibile usufruire.

Negli ultimi decenni ci sono stati grandi cambiamenti strutturali nell’utilizzo delle terre coltivabili, dovuti in buona parte all’esodo dalle campagne alle città, con la riduzione del numero di aziende agricole (-62% dal 1961 al 2010) e dell’area totale adibita all’uso agricolo (-35% dal 1961 al 2010), soprattutto nelle zone montane e collinari 2. In tutto, dal ’71 al 2011 le superfici agricole (anch’esse artificiali, come quelle edificate) hanno perso 5 milioni di ettari. In compenso, la superficie occupata dalle foreste è aumentata di quasi 2 milioni di ettari dal 1985 al 2014, ovvero del 26,7% 3.

Secondo il censimento 2015, attualmente, la selva cresce inesorabile alla velocità media dello 0,6% l’anno. Se nel 2005 ogni italiano aveva a disposizione 199 alberi, oggi ne ha circa 210 4.

Il recupero della foresta deriva dalla meccanizzazione agricola e dalle tecnologie moderne, che permettono di ottenere raccolti assai più abbondanti e sicuri su una superficie inferiore e con molti meno addetti. Infatti, il periodo più disboscato in assoluto fu il Basso Medioevo, fra il ‘200 e il ‘300, prima delle pestilenze, quando la crescita della popolazione costrinse a mettere a coltura tutte le terre disponibili.

Adesso, l’agricoltura è concentrata nelle aree pianeggianti e di prima collina. Altrove, rinasce la selva. Purtroppo, però, continuano ad aumentare anche le aree cementificate, soprattutto nelle grandi città, dove i forti interessi legati alla costruzione di infrastrutture si impongono sul bene comune e il numero di edifici sfitti cresce insieme alle persone senza dimora.

Secondo l’ISPRA, dal 1950 al 2010 la popolazione italiana si è innalzata del 28%, mentre la cementificazione del 166% 5.

In alcuni luoghi più che in altri, salta all’occhio l’apparente inconciliabilità tra le zone rurali e quelle urbane. Eppure, ci sono dei modi per favorire la collaborazione fra “campagna” e “città”, dal miglioramento della qualità dei prodotti alimentari e dell’utilizzo delle risorse naturali all’incremento dell’accessibilità ai servizi pubblici nelle zone più isolate. Soddisfare il bisogno di alimenti freschi, vari e prodotti localmente si intreccia con l’innovazione sociale per cui viene attribuito alla propria dieta un valore etico, oltre che salutistico. L’accesso e la distribuzione delle risorse naturali (acqua, energia) deve andare di pari passo con la salvaguardia del territorio e del paesaggio e la valorizzazione di riserve naturali e parchi, sia dentro la città che nelle aree periferiche 2.

“Lo sviluppo sostenibile delle aree urbane ha come scopo la conservazione e il miglioramento della qualità della vita nei centri urbani. Una tutela preventiva dei suoli è un elemento fondamentale dello sviluppo sostenibile nelle aree urbane. È quindi indispensabile promuovere le attività di tutela preventiva dei suoli nella gestione comunale in genere e in particolare nella pianificazione territoriale” 6. Tali spazi, infatti, possono costituire gli elementi base per la costruzione di reti ecologiche con obiettivi plurimi legati al miglioramento della qualità ambientale, alla conservazione della biodiversità, alla promozione dell’agricoltura e forestazione urbana, alla fornitura di opportunità per la ricreazione, così come per l’educazione ambientale, la vita all’aria aperta e il riequilibrio ambientale ed ecologico degli ambienti urbani 7.

Spesso, urbano e agricolo competono per le stesse terre e il periurbano si trova in mezzo al degrado dei suoli e dei paesaggi dovuto all’espansione delle città 8. In questo caso, l’agricoltura può tramutarsi in uno strumento contro l’avanzata incontrollata dell’urbanizzazione perché occupa il suolo, lo mantiene e lo gestisce 9.

Quando la crescita urbana favorisce sviluppi disordinati del territorio gli spazi non urbanizzati vengono investiti e travolti. Perciò, l’agricoltura periurbana è una realtà molto complessa: rappresenta uno spazio economico, politico, sociale, ambientale e culturale con caratteristiche peculiari, dove la visione dicotomica dell’urbano-rurale viene sostituita dalla concezione di un continuum periurbano.

La “periurbanità” tende a divenire sempre più una condizione stabile e permanente di un territorio, e non solo una fase di passaggio e trasformazione delle aree rurali e agricole in aree urbanizzate. Il regolamento comunitario per lo sviluppo rurale (Reg. CE 1698/05) sembra avere recepito questa “nuova” e ulteriore articolazione territoriale, attribuendo alle aree rurali periurbane una connotazione autonoma, e proprio a esse orienta linee di policy specifiche 10.

Un aspetto positivo degli ultimi tempi vede la nascita di molte cooperative agricole sociali, sia dentro che fuori la città, il cui intento principale è quello di coniugare l’attività di coltivazione con l’inserimento lavorativo di soggetti deboli e la promozione di un’agricoltura attenta agli ecosistemi e alla sostenibilità ambientale.

Un’altra nota positiva è data dal fatto che molti giovani istruiti stiano tornando alla terra. Dice Maria Letizia Gardoni, Presidente di Coldiretti Giovani Impresa: “I giovani imprenditori agricoli hanno intuito le grandi potenzialità di un settore che meglio di qualunque altro è in grado di dare prospettive e opportunità, perché saldamente legato alle qualità strategiche e fortemente identitarie del nostro Paese: il cibo, il paesaggio, la storia, la tradizione 11.

“Tradizione” e “innovazione”, per l’appunto, sono termini posti in antitesi. In generale, nel settore agroalimentare, si associa alla tradizione la tipicità del prodotto, evocando la sua genuinità, la natura, mentre l’innovazione è vista come qualcosa di artificiale, quindi sotto una luce negativa.
Bisogna invece prendere coscienza del fatto che il settore agricolo necessita di innovazioni tecniche affinché si possa parlare di agricoltura sostenibile, sia dal punto di vista economico, sia dal punto di vista ambientale. L’intento è ambizioso, ma necessario: non danneggiare l’ecosistema e non perdere competitività sui mercati.

“La tradizione non è altro che un’innovazione ben riuscita”, afferma Massimo Iannetta dell’ENEA “perché duratura nel tempo”.

La precision farming è una di quelle grandi innovazioni che stenta a essere introdotta nel nostro Paese. Essa richiede tutta una serie di saperi e tecnologie: integrando le competenze tradizionali del settore agricolo con le conoscenze nei settori più avanzati della tecnologia e sovrapponendo diversi livelli informativi, riesce a ottimizzare l’impiego dei fattori di produzione, come i concimi, l’acqua e i fitofarmaci. Il guadagno è fuori discussione perché l’utilizzo mirato degli input fa sì che diminuisca il bisogno di fertilizzanti, antiparassitari e acqua.

È possibile che le barriere allo sviluppo siano culturali, poiché non tutte le imprese sono pronte a recepire queste innovazioni, o che non ci siano le condizioni economiche per affrontare il costo elevato degli investimenti. Di certo, parte degli impedimenti è legata alla burocrazia e all’incapacità del settore pubblico di incentivare l’introduzione di elementi innovativi, che sono il vero motore dello sviluppo 12.

L’importanza dei comportamenti individuali è un ennesimo, fondamentale mattone per edificare una realtà globale che metta in primo piano la sostenibilità per l’ambiente.

Per quanto concerne i prodotti agricoli, la duplice scelta del consumatore riguarda sia la provenienza di questi ultimi, sia il rapporto tra i vari generi alimentari all’interno della sua dieta.

Per cominciare, sarebbe il caso che tutti quanti minimizzassero il consumo di carne. Allo stesso tempo, occorrerebbe che i consumatori fossero educati a girare per le corsie del supermercato con un occhio più critico. Per un consumo critico davvero, tuttavia, sarebbe utile, anche se complicato, conoscere il life cycle assessment di ogni prodotto. E quando si parla di spesa consapevole è poco onesto non tener conto di un altro fatto cruciale, ovvero non tutti hanno la fortuna di poter scegliere che cosa mangiare.

Ad ogni modo, ci si augura che la tecnologia che ora è appannaggio delle grandi aziende arrivi ad essere più accessibile ai piccoli produttori e ai consumatori. Resta indubbiamente necessaria una maggiore diffusione di conoscenze, di strumenti di misura e di stima, nonché la presenza di una rete di tecnici qualificati e indipendenti che effettivamente raggiungano le aziende ed eroghino consigli rispettati e applicati 13.

 

 

Bibliografia e siti web:

 

  1. Intervento di Massimo Lazzari al convegno MaCSIS: “Siamo al verde?”, Università Milano-Bicocca, 26 maggio 2016.
  2. Workshop ISTAT “Scenari e tendenze dell’agricoltura italiana tra tradizione ed innovazione”, Roma, 17 dicembre 2015.
  3. CREA-INEA: elaborazione su dati Corpo forestale dello Stato e CRA-MPF.
  4. Inventario nazionale delle foreste e dei serbatoi di carbonio (INFC 2005).
  5. Annuario dei dati ambientali, ISPRA, Roma, 2010.
  6. Progetto TUSEC-IP “Technique of Urban Soil Evaluation in City Regions Implementation in Planning Procedures”.
  7. “Una campagna per il futuro. La strategia per lo spazio rurale nel piano territoriale della Campania”, A. Di Lorenzo, A. Di Gennaro, CLEAN, 2008
  8. European Environment Agency, 2006.
  9. “Agricoltura Periurbana. Inquadramento e problematiche”, C. Mazzocchi, 2011.
  10. “Agricoltura periurbana e strategie di sviluppo rurale”, S. Pascucci, 2007.
  11. “Giovani in agricoltura tra tradizione e innovazione”, 28 novembre 2014, Repubblica.
  12. “Tradizione VS innovazione? No, in agricoltura“, www.today.it, 24 novembre 2013.
  13. Intervista a L. Bechini, docente di Agronomia all’Università degli Studi di Milano, febbraio 2016, MaCSIS.

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