Io ne ho viste cose che voi umani… L’Intelligenza Artificiale tra cinema e letteratura

“Bender, a me non interessa se sei ricco. Ti amo per la tua Intelligenza Artificiale e il simulatore di sincerità”. (Futurama)

Da sempre film e libri sono il miglior sbocco per l’immaginazione e la creatività umana. È qui che l’immaginazione, le tecnologie impossibili o che ancora non esistono prendono vita. Cerchiamo di rispondere alla domanda “cosa succederebbe se…?” e parlando di Intelligenza Artificiale (I.A.)  la domanda è: “cosa succederebbe se le macchine fossero intelligenti?”.

Il concetto di Intelligenza Artificiale è uno dei preferiti di registi e scrittori di fantascienza negli ultimi decenni, anche se uno dei primi antenati di robot e I.A. è Frankenstein, di Mary Shelley, considerato il primo vero romanzo di fantascienza. L’idea, allora bizzarra, di un uomo in grado di creare un essere capace di pensare autonomamente, oggi ha un fascino irresistibile.

Le storie sull’Intelligenza Artificiale moderne si basano molto sull’ambiguità (robot così simili agli umani da essere quasi indistinguibili dagli esseri viventi) e giocano molto sulla paura di cosa potrebbe causare uno sviluppo tecnologico incontrollato.

Frankenstein, con il suo aspetto mostruoso, scatena il rifiuto intrinseco degli esseri umani, che vedono questo prototipo di Intelligenza Artificiale come innaturale e bizzarra. Ma cosa succede quando l’Intelligenza Artificiale viene confezionata in un pacchetto più attraente ed accattivante?

Molte delle opere cinematografiche e letterarie in cui compare il tema dell’I.A. sono state utilizzate per disegnare scenari distopici: futuri in cui computer avanzati, robot o androidi, alla fine diventano consapevoli delle loro capacità superiori, rivoltandosi contro gli esseri umani che li hanno costruiti. Non solo semplici errori di programmazione delle macchine, ma una vera e propria volontà di ribellarsi ai propri creatori.

Troviamo molti casi in letteratura, come Neuromante, un romanzo di William Gibson del 1984, oppure Il cacciatore di androidi di Philip K. Dick (1968). Dal romanzo di Dick è stato tratto, nel 1982, il celebre film di fantascienza Blade Runner. Qui il tema della ribellione della macchina è declinato nella volontà di autodeterminazione di una Intelligenza Artificiale abbastanza evoluta, nella possibilità di emanciparsi dai comandi dei programmatori e nella negazione della morte. Il registra cercò di trattare anche le implicazioni etiche, sociali e culturali della creazione dei replicanti, il rapporto tra questi e gli umani (la difficoltà di distinguere le persone “umane” dalle macchine antropomorfe), e, soprattutto, la ridefinizione dell’identità umana (chi merita di dirsi propriamente umano?), dal momento che ora l’uomo vive insieme a un nuovo tipo di essere vivente, creato in laboratorio.

Tra gli esempi cinematografici più famosi possiamo trovare HAL 9000, in 2001: Odissea nello spazio e Skynet, in Terminator. Nel capolavoro del 1968 di Stanley Kubrick, il regista ci mostra il rapporto uomo-macchina: HAL 9000, il supercomputer di bordo della nave spaziale Discovery, non sembra una minaccia, è una macchina perfetta progettata per non commettere errori. È dotato di un’evoluta Intelligenza Artificiale che gli consente di riprodurre tutte le attività della mente umana, di provare emozioni, di parlare con una voce totalmente umana e di dialogare e giocare a scacchi con gli astronauti. Ma alla fine HAL 9000 viene costretto, da un suo conflitto interiore, a ingannare gli esseri umani e persino ad ucciderli di fronte alla minaccia di poter essere disattivato.

Nella serie di film Terminator (1984) il governo degli Stati Uniti sviluppa un’Intelligenza Artificiale chiamata Skynet, per automatizzare la rete di difesa. Skynet però prende il controllo delle forze militari scatenando un attacco nucleare, in quanto considera l’umanità una minaccia per la sua esistenza.

Nel film I, Robot del 2004, le Tre leggi della robotica ci vengono in aiuto per capire come gli umani possano controllare le proprie creazioni. Ma viene anche trattato un altro tema, ad oggi oggetto di molti dibattiti in merito alle auto a guida autonoma: in situazioni di pericolo per gli esseri umani, come sceglie una Intelligenza Artificiale?

Oltre ai robot che si ribellano ci sono anche quelli che vogliono imitare il comportamento degli esseri umani. Come nel film Ex Machina, (2015), in cui un A.I. di nome Ava utilizza auto consapevolezza, immaginazione, manipolazione, sensualità, empatia per ingannare l’interrogatore umano e il suo creatore e scappare dalla sua prigione.

Rari sono gli esempi positivi: i simpatici droidi di Star Wars, il robot Numero 5 di Corto circuito o il robot positronico Uno/Andrew de L’uomo bicentenario, macchine che sono al servizio dell’uomo, sviluppano empatia, emozioni e sentimenti umani.

Dunque in molte delle opere in cui compare il tema dell’Intelligenza Artificiale le macchine hanno una connotazione negativa: sono viste quasi sempre come “ribelli”, consapevoli della propria intelligenza e pronte a soppiantare l’uomo. C’è la semplice necessità narrativa di avere un antagonista “cattivo” oppure questi film ci vogliono inviare dei messaggi di cautela su quello che potrebbe essere un progresso tecnologico incontrollato?

L’Intelligenza Artificiale è uno strumento delicato che influenzerà molto l’uomo e il suo stile di vita. Dovremmo assicurarci di usarlo correttamente, per il benessere di tutti.

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