L’idrogeno verde, la chiave per la transizione energetica?

Che ruolo giocherà l’idrogeno nella transizione energetica che peraltro stenta a partire? Presto per dirlo anche per le diverse vedute sulla sua reale utilità. Come è noto, l’idrogeno è presente in composti come l’acqua oppure sostanze minerali, idrocarburi e molecole biologiche. È l’elemento più abbondante nell’universo, ma ha il difetto di non trovarsi mai in forma libera in natura. Quindi si è costretti a ottenerlo da una serie di processi chimici e fisici. Il suo utilizzo spazia dal settore siderurgico a quello petrolchimico e alimentare, ma sta iniziando a diffondersi anche nel mondo della mobilità e in quello del riscaldamento di edifici residenziali e commerciali.
Esistono vari tipi di idrogeno che, a seconda delle modalità con cui viene prodotto, assume diverse connotazioni e specificità. Oggi quello maggiormente utilizzato, specialmente per usi industriali, è l’idrogeno grigio, che viene ottenuto a partire da gas naturale, attraverso un processo di conversione termochimica con produzione di CO2. Vi è poi l’idrogeno blu durante la cui produzione la CO2 viene catturata e stoccata (CCS) per ottenere così idrogeno decarbonizzato.
Alla transizione ecologica preme ovviamente produrre idrogeno verde (che al momento rappresenta il 4/5% dell’idrogeno globale), prodotto attraverso il metodo dell’elettrolisi dell’acqua, scomponendola in idrogeno e ossigeno utilizzando energia da fonti rinnovabili come il fotovoltaico, il recupero di scarti industriali e il calore raccolto da impianti solari; quindi senza produzione di CO2.
L’idrogeno verde rappresenta il vero punto di svolta nei processi di decarbonizzazione e net zero che l’Unione Europea sta portando avanti con il REPowerEU, il piano per ridurre rapidamente la dipendenza dai combustibili fossili russi e accelerare la transizione verde.
Oggi il problema dell’idrogeno verde è legato alla sua competitività economica. Rispetto ad altre fonti rinnovabili, come fotovoltaico ed eolico, e all’idrogeno grigio o blu il prezzo della produzione è infatti notevolmente superiore. Infatti se il costo dell’idrogeno è di 1 euro/kg e il potere calorifico inferiore è di 33,3 kWh/kg (120 MJ), il costo finale di 1 kWh è pari a 1/33,3 euro. Questo costo equivale a circa tre volte l’idrogeno grigio o blu e fino a 15 volte il metano, inoltre a questo costo vanno aggiunte le spese di investimento, elettriche e di manutenzione, che potrebbero rendere più oneroso questo procedimento.
Secondo un recente studio di Bloomberg New Energy Finance, i costi di produzione dell’idrogeno verde potranno però scendere di oltre il 70% nei prossimi dieci anni. Come rilevato anche dalla IEA (International Energy Agency) nel suo studio elaborato per il G20 in Giappone, oggi è il momento di muoversi per far sì che il potenziale dell’idrogeno non venga perduto, diventando molecola principe per un futuro energetico sostenibile e pulito per tutti.
“L’idrogeno è una molecola a combustione pulita che potrebbe diventare un sostituto a zero emissioni di carbonio dei combustibili fossili in settori economici con emissioni difficili da abbattere. Il costo della produzione di idrogeno da fonti rinnovabili è destinato a diminuire, ma deve essere creata la domanda per ridurre i costi e un’ampia gamma di infrastrutture di consegna deve essere costruita. Ciò non accadrà senza nuovi obbiettivi e sussidi governativi. Questi sono messaggi chiave dell’Hydrogen Econimy Outlook di BNEF, che fornisce un’analisi e prospettive globali e indipendenti per un’economia dell’idrogeno”
(BNEF Long Form Template – Grid)

In Italia si sta investendo sulla “Hydrogen Valley italiana dove sviluppare una filiera nazionale per la produzione, il trasporto, l’accumulo e l’utilizzo di idrogeno, puntando su ricerca, tecnologie, infrastrutture e servizi innovativi. Il progetto ideato dall’ENEA nasce con un investimento da 14 milioni di euro (…) per dar vita al primo incubatore tecnologico italiano per lo sviluppo della filiera dell’idrogeno, in collaborazione con università, istituti di ricerca, associazioni e imprese, con l’obiettivo di favorire la transizione energetica e la decarbonizzazione.”
(Energia: ENEA punta su una “Hydrogen Valley” italiana da 14 milioni di euro — it)

Sono stati avviati, inoltre, gli “Importanti Progetti di Comune Interesse Europeo” (IPCEI) i quali hanno come obbiettivo: rinnovare il settore della mobilità; produrre in modo ecologico cemento, vetro e acciaio; ampliare le conoscenze condivise facilitando le previsioni delle conseguenze, in modo tale che non siano più nazionali. I primi progetti dovrebbero essere operativi tra 2024 e 2026. Questi sono i punti che mette in rilievo la presidentessa dell’IPCEI Margrethe Vestager.
Esistono altre sottocategorie di idrogeno che per le proprie specificità assumono dei caratteri tali da renderli più o meno inquinanti e dannosi per l’ambiente circostante e l’ecosistema.

Oggi la strada verso un futuro a zero emissioni è ancora lunga ma molti Paesi, aziende e realtà imprenditoriali stanno unendo il proprio know how investendo in progetti comunitari, che vedono la sinergia tra mondo pubblico e privato.
In Italia i produttori e i progetti sull’idrogeno verde sono diversi e si differenziano non solo per chi li produce ma anche per l’impiego e le tecnologie utilizzate. In molti casi la collaborazione di aziende e centri di ricerca è la chiave per trovare l’applicazione più adeguata di un particolare procedimento.

Immagine di GarryKillian da Freepik

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