Lo sviluppo sostenibile

Fornire informazioni utili a conoscere argomenti che sembra siano diffusi ma, in realtà, sono appannaggio  culturale di pochi, è divenuto l’obiettivo di un numero crescente di saggi. Orientarsi sui saggi di divulgazione scientifica non è semplice e spesso i compendi riportati sul retro del testo affascinano e non ci viene mai in mente di scorrere qualche pagina in libreria, per verificare lo stile, il titolo dei capitoli ecc.

Tra la giungla dei libri scritti sull’ambientalismo, sullo sviluppo sostenibile la decrescita economica e quant’altro, può sembrare interessante la storia dei movimenti ambientalisti italiani che, rispetto al resto dell’occidente, sono sempre stati piuttosto deboli e troppo legati alla politica. Tuttavia la lettura di questo testo dal titolo ” Storia dell’ambientalismo italiano – Lo sviluppo sostenibile” di Gianluigi Della Valentina, lascia aperte tante questioni e presenta diverse lacune. Ovviamente dipende dall’ottica con la quale il testo si legge: se si  è ansiosi di  leggere qualcosa di innovativo, che non sia già stato scritto e “già sentito”, non è il caso di impegnarsi nella lettura di questo saggio.

Già l’introduzione spazia, con troppe pretese, tra la nozione di territorio, l’etica ambientale ecc.

Ogni tanto vi sono degli spunti interessanti, come il numero dei geologi italiani che sembra sia infimo rispetto a quello degli altri paesi europei. Si potrebbe definire un testo di divulgazione in “pillole”. Il libro cerca di coniugare il pensiero e la filosofia con le svariate accezioni che si possono attribuire al termine “ecologia”. I primi capitoli che partono dal Medio Evo, e riportano una marea di nomi e citazioni ci fanno un po’ distrarre da quello che è l’oggetto stesso del testo. Lo stile monocorde e un po’ troppo didattico non aiuta alla concentrazione.

E’ stato spesso rimproverato ai saggisti italiani (storici, pedagoghi, psicologi, sociologi ecc.)  l’utilizzo di uno stile barocco e dispersivo, denso di citazioni, come se si dovesse ostentare la propria conoscenza.

Questo modo di scrivere peculiare della maggior parte dei saggisti italiani distrae chi legge e non accattiva. Non bisogna dimenticare che per divulgare bisogna usare un linguaggio non imbrigliato, lineare e discorsivo il che non vuol dire superficiale ma fruibile. L’Italia è uno dei paesi dove la diffusione della consapevolezza e della coscienza rispetto ai temi dell’ecologia è basso e si può definire  elitario. Chi compra i prodotti del commercio equo e solidale o mangia nei ristoranti “slow food” o ha un riscaldamento fotovoltaico sul tetto di casa sovente appartiene ad un’elite sia culturale che sociale.

L’ecologia è ancora un lusso in Italia.

Stesso l’autore segnala come uno dei punti di maggior forza la diffusione della raccolta differenziata. In ogni caso bisogna ammettere che la scansione in capitoli specifici rispecchia il rigore storico più che scientifico di chi scrive. E’ come se nel saggio convivessero due anime: a volte le notizie riportate su un tema sono poche ed estremamente nozionistiche, a volte vi è un approfondimento dell’argomento ed è lì che forse si è motivati ad andare avanti nella lettura: sono molto interessanti le pagine dedicate alla posizione della teologia e della chiesa rispetto all’ecologia, quelle relative alla nascita e crescita del partito dei verdi in Germania che, come è noto, è il partito con maggior seguito e forza contrattuale in Europa.

Buon resoconto storico

Rende anche bene la storia dei movimenti ambientalisti italiani, frammentari, ondivaghi e ambivalenti e attribuisce il giusto merito al partito radicale, che si è fatto portavoce dei problemi ambientalisti con referendum sulla caccia, sui pesticidi ecc., campagne di informazione e divulgazione su temi ambinetali insieme all’universo di tutte le associazioni ambientaliste italiane.

Assenza del movimento NO TAV e pochi cenni sui “No Global”

Rende merito ai movimenti tipo quello che per anni si è battuto per la chiusura dell’Acna di Cengio ma sorvola ad esempio sul movimento NO TAV (uno dei più importanti degli ultimi venti anni, perché questo movimento esiste da venti anni ma pochissimi lo sanno) che è uno dei movimenti ambientalisti più forti e rappresentativi alludendo solo all’esasperazione degli abitanti della Val Susa.  Altro argomento appena sfiorato sono i movimenti “No Global” che pure per un periodo di tempo hanno contato tanti giovani e tante persone provenienti da tutto il pianeta, con idee e formazioni le più disparate. Non accenna ai fatti di Genova, forse è stato scritto prima nonostante la pubblicazione risalga al 2011.

Frammentazione dei partiti di sinistra  sui grandi temi ambientali

La parte interessante è quindi la parte storica in senso puro, le posizioni dei partiti ecc. Sullo sviluppo sostenibile e la decrescita economica non chiarisce in modo esaustivo le posizioni italiane da parte degli stessi movimenti ambientalisti e lascia quindi il lettore con dei punti interrogativi. Rende la frammentazione dei partiti soffermandosi un po’ troppo fuori tema sui “gruppuscoli” dell’estrema sinistra che secondo l’autore avrebbero favorito la frammentazione degli stessi movimenti ecologisti in Italia. A parte il termine, che suona un po’ offensivo ed è più volte ripetuto, si sa che la politica in Italia è frammentaria da sempre.

Mancanza del senso dello Stato

Non esprime assolutamente il fatto che nel nostro paese la speculazione edilizia, la poca coscienza e consapevolezza diffuse tra la popolazione siano ascrivibili “alla mancanza del senso dello stato in Italia” (cfr. Ginzborg, “Storia d’Italia”, I volume). In conclusione si apprezza lo sforzo di ricostruzione storica, ci si sofferma come detto con interesse su alcuni paragrafi ma nel complesso non si può considerare un libro di divulgazione  ma più un esercizio di stile destinato a poche persone.

ambientalismo

Titolo: Storia dell’ambientalismo in Italia. Lo sviluppo sostenibile

Autore: Gianluigi Della Valentina

Editore: Bruno Mondadori

Pag. 236

Anno: 2011

 

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