Sociologia e fantascienza

Scritto più di cinquant’anni fa, ma ancora estremamente attuale, Abissi d’Acciaio di Isaac Asimov è l’opera che meglio sottolinea il rapporto tra la letteratura e la visione futuristica della società.
Il libro viene presentato come un romanzo giallo ambientato in un universo fantascientifico a tremila anni nel futuro, mentre la Terra sta attraversando una crisi globale a livello economico e sociale.

Elijah Baley è il detective al quale vengono affidate le indagini relative al caso del dottor Sarton,  uno scienziato specializzato in robotica trovato morto.  R. Daneel Olivaw (dove R sta per robot) è l’aiutante quasi perfetto del detective Elijah.

Il futuro descritto da Asimov è interessante perché veritiero e visionario al punto giusto. L’analisi della (probabile) società del futuro pone l’attenzione sul problema della sovrappopolazione: grandi megalopoli edificate in verticale in cui si vive ammassati, cupole d’acciaio che ricoprono le città per proteggerle dall’inquinamento; una società in cui convivono umani e robot, ancora piena di pregiudizi nei confronti di quest’ultimi.

La vita dei cittadini è divisa per classi sociali (chi è più ricco ha un lavoro migliore, chi è povero abita ai livelli più bassi). Nelle megalopoli sotterranee la vita delle persone è gestita nel modo più efficiente possibile, ovvero tramite servizi centralizzati (mense, servizi pubblici, biblioteche). Il lusso consiste proprio nell’avere tali servizi direttamente nelle proprie abitazioni, così come la possibilità di mangiare cibi che non siano lieviti o derivati da colture idroponiche.
Molti i richiami anche alle differenze sociali, al razzismo e alla religione.

All’interno della storia è interessante vedere come si svilupperà il rapporto tra i due colleghi Elijah e R.Daneel: il detective umano ha molti pregiudizi nei confronti del detective Robot, e allo stesso tempo vuole dimostrare lavorando insieme a lui che i ragionamenti umani sono superiori a un groviglio di cavi e microchip; l’uomo deve dimostrare la sua superiorità nei confronti della macchina, soprattutto in un periodo storico in cui la razza umana sembra minacciata dall’evoluzione cibernetica. Un’analisi sociologica del futuro molto plausibile.

Lo scrittore affronta anche i temi economici legati allo sviluppo parassitario dell’umanità nei confronti del pianeta, un atteggiamento predatorio privo di alcun piano per lo sfruttamento delle risorse, che costringe gli uomini a rinchiudersi in mega-città claustrofobiche e completamente isolate dall’ambiente esterno (per via dell’inquinamento prodotto nei secoli precedenti), basate su un’efficienza scientifica ma precaria, in cui basta un piccolo malfunzionamento per mettere in pericolo l’esistenza di una comunità spaventosamente sovrappopolata.

“New York è irriconoscibile: niente più torri e grattacieli, ma un’immensa metropoli coperta che non viene mai a contatto con l’aria, dove decine di milioni di uomini e donne brulicano come formiche sulle strade mobili. Dove il lusso di un bagno privato è inammissibile. Dove, soprattutto, i robot stanno soffiando i posti di lavoro agli uomini a un ritmo sempre più preoccupante. E alle porte di New York si estende come una sfida Spacetown, la città degli Spaziali dove tutto è lusso e ariosità, superbia e ostentazione. C’è da meravigliarsi se uno dei tanti terrestri scontenti ammazzi uno Spaziale nella sua aristocratica dimora di Spacetown e che il caso rischi di diventare un incidente interplanetario?”

L’antitesi tra il pensiero umano di Elijah e quello positronico di Daneel caratterizza tutto il romanzo: Baley inizialmente è disturbato dal rapporto con i robot ma, interagendo con Daneel, capisce che i robot, pur essendo ottime imitazioni degli essere umani e superiori in quanto a forza fisica, durata, memoria, capacità di immagazzinamento ed elaborazione di dati, non potranno mai essere superiori agli umani poiché non riusciranno mai ad afferrare concetti quali la bellezza, l’amore, l’arte o Dio.
Tuttavia, nel finale, sarà proprio R. Daneel a mostrare una certa moralità, affermando che:

l’estirpazione di ciò che non deve essere, ossia ciò che voi uomini chiamate il male, è meno giusta e desiderabile della sua trasformazione in ciò che voi umani chiamate il bene“.

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