Il “razzismo cinese” e la crescita della Cina

Quando si parla della Cina si stanno indicando ben 56 gruppi etnici, di cui Han è quello più grande. La discriminazione verso le minoranze etniche in Cina è un vecchio problema. Lo stesso Mao sosteneva che l’etnocentrismo in Cina fosse ancora molto sentito.

In questi ultimi anni in particolare la Cina sta diventando la maggiore potenza economica mondiale, superando così anche gli Stati Uniti. Ma prima di parlare di questo grande sviluppo, torniamo un po’ indietro, quando i cinesi erano malvisti dagli americani per capire il razzismo di oggi.

I primi cinesi arrivarono negli Stati Uniti intorno al 1840. Nel diciannovesimo secolo la Cina stava attraversando un periodo molto difficile. La dinastia Qing, che aveva tenuto le redini del Paese per secoli, dava segni di cedimento. L’economia viveva una crisi senza fine, e nel Paese si registrava una crescita demografica senza eguali. Inoltre, la Cina, che era sempre rimasta piuttosto isolata, proprio nella prima metà dell’ottocento fu costretta a venire a patti con le grandi potenze europee che avevano in Asia grandissimi interessi economici. È in questo periodo che si apre nel Paese un periodo di rivolte sanguinose e grande instabilità. La situazione precaria portò molti cittadini a cercare sicurezza e tranquillità altrove.

La scelta spesso cadde sugli Stati Uniti, un Paese grande e giovane che aveva bisogno di manodopera a basso costo. I cinesi rispondevano perfettamente alle esigenze dell’America, che proprio intorno al 1840 stava vivendo la frenesia della febbre dell’oro. Così si diede avvio alla realizzazione di molte infrastrutture come non si era mai registrato prima negli Stati Uniti. Per esempio nell’edilizia civile e soprattutto nella costruzione delle ferrovie, che per interi chilometri furono costruite dai cinesi.

I cinesi costavano pochissimo alle aziende americane, di loro si diceva: “non si stancano mai”; questo giudizio positivo portò anche a delle facilitazioni legislative. Il trattato di Burlingame tra Cina e Stati Uniti garantiva agli immigrati cinesi gli stessi diritti dei residenti e li proteggeva da sfruttamento, discriminazione e violenza.

Ma ci furono comunque dei maltrattamenti, e all’improvviso i cinesi diventarono il nemico. Non più servizievoli, gentili, ma furbi, manipolatori, portatori di malattie, e in più facevano troppi figli. Questo perché stavano cercando di migliorare la loro vita, ma soprattutto perché il grosso del lavoro per cui erano andati negli Stati Uniti era finito.

Intorno agli anni settanta del diciannovesimo secolo negli Stati Uniti si diffuse una propaganda anticinese. I lavoratori americani, inclusi altri migranti, vedevano i cinesi come concorrenti e non gradivano le loro richieste di aumento salariale. Improvvisamente i giornali più ostili agli immigrati iniziarono a scrivere: “Chinese must go”, il cinese era avvertito o se ne andava o rischiava la pelle.

Così il 6 maggio del 1882 il Congresso degli Stati Uniti d’America promulgò una legge, conosciuta come Chinese exclusion act, un provvedimento di discriminazione della comunità cinese, con un blocco degli ingressi e la negazione per i cinesi residenti dei diritti di cittadinanza. Una esclusione senza precedenti negli Stati Uniti che prendeva di mira una delle comunità più attive del Paese.

Oggi gli asiatico-americani sono considerati uno dei gruppi più integrati tra le minoranze. Non si sente quasi mai parlare delle persone di origine cinese o giapponese come di un “problema” o di un gruppo da tenere d’occhio. Ma circa 150 anni fa la storia era diversa e i mezzi d’informazione e l’opinione pubblica vedevano proprio nei cinesi (e successivamente nei giapponesi) un gruppo da sorvegliare. Erano considerati il nemico numero uno, il “pericolo giallo” da sconfiggere e mettere a tacere.

Parlando di razzismo oggi in Cina, anche se il Paese si è aperto agli stranieri e alle tendenze globali, dopo un periodo di forte chiusura con l’esterno in termini economici, sociali e politici, si registrano ancora sentimenti ostili verso alcune nazionalità per esempio verso i neri, e in particolare verso i giapponesi, per una ferita profonda nella popolazione cinese, lasciata durante la seconda guerra mondiale.

Con gli Stati Uniti, invece è più una competizione diretta riguardo il mercato, infatti gli Usa ultimamente si sentono minacciati dalla Cina, la cui influenza internazionale si sta espandendo insieme all’economia. L’economia cinese ha ormai solide basi, negli ultimi 38 anni il Pil del Paese è enormemente cresciuto, e l’economia è tuttora in continua crescita; come sappiamo la Cina è leader di alcuni settori, come l’alta velocità, l’energia rinnovabile e gli elettrodomestici ed è già una grande potenza nelle produzioni tecniche e scientifiche. Quindi la Cina ha le carte in regola per ricoprire un ruolo di primissimo piano a livello mondiale, e si prevede che diverrà la più grande economia prima del 2030.

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