Virus che difendono le piante? Una sfida alla comunicazione dell’innovazione sostenibile

Lo scorso 20 giugno in una presentazione pubblica presso l’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante di Torino ha preso avvio ufficialmente VIROPLANT, un progetto europeo Horizon 2020 che si colloca all’interno del work programme “Innovation in Plant Protection”.

L’obiettivo generale è di approfondire la conoscenza del ruolo ecologico dei virus nel mantenimento di ecosistemi complessi, come già si sta studiando da oltre 20 anni nell’ambito dei cicli vitali dell’oceano (dal controllo delle popolazioni ospiti alle funzioni di rigenerazione, immagazzinamento e esportazione del carbonio e di altri nutrienti[1]) e delle relazioni simbiotiche mutualiste tra virus e organismo ospite che garantiscono a quest’ultimo un grado maggiore di resistenza alle infezioni esterne [2].

Da questo punto di partenza piuttosto consolidato nella letteratura scientifica, VIROPLANT intende indagare le potenzialità dei virus che infettano gli agenti patogeni (come batteri o funghi) e insetti parassiti responsabili di alcune importanti malattie di frutti e colture economicamente importanti, al fine di sviluppare strumenti mirati di controllo biologico altamente specifici e basati su elementi naturali.

Saranno oggetto di sperimentazione due malattie chiave per il contesto agro-alimentare italiano, la Flavescenza dorata della vite, trasmessa dalla cicalina Scaphoideus titanus, e il cancro batterico del kiwi; ma anche Oidioe Peronospora della vite, malattie che richiedono numerosi interventi chimici. VIROPLANT si propone dunque di sviluppare un approccio biotecnologico innovativo e sostenibile, in quanto potrebbe avere come conseguenza una riduzione di fungicidi e insetticidi e, perciò, dei loro impatti negativi sull’ambiente e sulla salute umana.

Batteriofagi adesi alla superficie di un batterio osservati al microscopio elettronico. Credit: Robert G. Milne

 

I rischi dell’innovazione sostenibile

L’innovazione non è semplicemente la produzione di qualcosa di inedito, a volte non è nemmeno un’invenzione bensì può essere una scoperta di qualcosa che c’è sempre stato ma che, per ostacoli epistemologici, impossibilità tecnologica o per motivi politici o economici è rimasto nella nebbia dell’ignoto. Soprattutto per temi fortemente carichi di significato culturale e affettivo, come nel caso dell’immagine pubblica dei virus, l’innovazione – per quanto sostenibile nei suoi effetti previsti – può essere un momento di crisi e sospetto verso tutto ciò che abbiamo dato per scontato, ma può anche dar vita ad una ridefinizione della realtà più adeguata, più integrata e più chiara; insomma, può essere un’occasione di sviluppo collettivo – a patto che si operi in trasparenza e partecipazione. A maggior ragione in un contesto storico in cui la conoscenza tecnoscientifica è sempre più al centro dell’agenda politica e, al contempo, il valore del lavoro di ricercatori, tecnici ed esperti è quotidianamente bersagliato nella sfera pubblica.

Tuttavia, non dimentichiamo che spesso è proprio grazie a movimenti oppositivi che si aprono spazi per l’innovazione, come sta attualmente accadendo in Salento nel caso Xylella fastidiosa. Mostrando reali o potenziali collusioni che minano la credibilità del sapere scientifico e, più in generale, mettendo in discussione la definizione della realtà (problem setting), tali espressioni di dissenso puntano l’attenzione sugli effetti perversi della società del rischio[3] che non trovano spazio nell’agenda della ricerca e che gravano interamente nell’esperienza quotidiana della cittadinanza.

In contrasto a queste derive dissipative, già si sta facendo qualcosa a livello europeo. Nell’ottica di una transizione verso una società europea della conoscenza, negli ultimi anni si è imposto all’interno dei Programmi Quadro di Ricerca l’approccio Responsible Research & Innovation (RRI), espressamente rivolto ad “anticipare e valutare le implicazioni potenziali e le aspettative sociali nei confronti della ricerca e dell’innovazione, al fine di promuovere i modelli di ricerca e innovazione inclusive e sostenibili”.

 

Innovazione sostenibile e inclusiva

Al fine di orientarsi verso un’innovazione che sia sostenibile ma anche inclusiva, da un lato sono coinvolti nel progetto VIROPLANT una pluralità di partecipanti e partner provenienti da nove paesi europei e con diversi livelli di expertise (università, centri di ricerca pubblici e piccole medie imprese) tra cui, per l’Italia, AGRION, fondazione per la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo tecnologico dell’agricoltura piemontese, con i propri centri sperimentali nelle aree delle province di Cuneo e Alessandria.

Dall’altro, è stata data particolare rilevanza allo studio della dimensione socio-comunicativa dell’innovazione biotecnologica (dalla percezione del rischio all’accettabilità sociale), e più in generale dell’impatto che può avere sul rapporto tra scienza e società, temi di cui si occupa il gruppo di lavoro del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Milano-Bicocca e del Centro di Ricerca Interuniversitario MaCSIS.

Accanto a tutto ciò, VIROPLANT produrrà anche un’analisi approfondita dei rischi ambientali, delle restrizioni normative e delle opportunità di mercato, per valutare le possibilità di commercializzazione di questi nuovi prodotti in accordo con quanto emergerà dallo studio sull’accettabilità pubblica dell’innovazione.

Si segnala infine che l’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante di Torino (CNR-IPSP), coordinatore del progetto, parteciperà alla European Biotech Week (promossa da Assobiotec, l’Associazione per lo sviluppo delle biotecnologie che fa parte di Federchimica) con una giornata di studio il 24 settembre dal titolo Microorganismi al servizio della salute, dell’ambiente e dell’uomo, che si terrà presso la sede dell’Orto Botanico e in cui è prevista la partecipazione di oltre 100 studenti delle scuole superiori.

 

Riferimenti

[1] Roossinck, M.J., 2011. “The good viruses: viral mutualistic symbioses”.Nature Reviews Microbiology9, 99-108.

[2] Roossinck, M.J., Bazan, E.R., 2017. “Symbiosis: Viruses as Intimate Partners”.Annual Review of Virology, Vol 4 4, 123-139.

[3] Hess, D. 2016. “Undone Science”, The MIT Press.

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