L’economia della conoscenza cinese, tra sviluppo scientifico ed espansione culturale

La prorompente crescita della Cina non costituisce più una notizia da almeno una quindicina d’anni. Allo stesso modo, non è una novità che il poderoso incremento del PIL cinese (tasso di crescita annuale medio: + 8,8%, negli anni tra il 2002 e il 2017) (1) poggi sugli investimenti in ricerca e sviluppo. Alcuni dati possono aiutare a comprendere meglio le dimensioni di questo fenomeno.

Il Congresso di Pechino ha stanziato, per il 2018, fondi pari a 275 miliardi di dollari nel settore dell’innovazione (+ 14% rispetto al 2017) (2). Il costante incremento di questi stanziamenti aveva collocato la Cina, già nel 2015, al secondo posto nella classifica mondiale per investimenti in R&S, superando da sola l’intera Unione Europea (3). La Repubblica Popolare Cinese ha così potuto rapidamente formare una classe di ricercatori con pochi eguali: nel 2016, la Cina ha prodotto il 20% degli articoli scientifici pubblicati al mondo, e alcune proiezioni prevedono, sempre a livello mondiale, che nel 2030 il 37% dei laureati nella fascia d’età tra i 25 e i 34 anni nei settori scientifico e tecnologico sarà costituito dai discendenti del Celeste Impero (4).

I settori economici su cui la Cina riversa il patrimonio di conoscenze così acquisito comprendono: telecomunicazioni, informatica, elettronica, macchinari per l’industria e l’agricoltura, robotica, infrastrutture, energia, nuovi materiali, farmacia e biologia (5) (6). Ad oggi, i prodotti frutto dello sviluppo scientifico e tecnologico della Cina sono in grado di rivaleggiare solo in parte con quelli di USA e Europa nel commercio mondiale (7) (8). Ma le prospettive di sviluppo figurano scenari in cui agli ingenti stanziamenti corrisponderanno proporzionali presidi di mercato, in particolare per quanto riguarda le telecomunicazioni e l’elettronica di consumo (9). La Cina, dunque, si sta affrancando in maniera sempre più consistente dal ruolo di “fabbrica del mondo”, per assumere la leadership mondiale dell’economia fondata sulla conoscenza scientifica (10).

Il processo attraverso cui la Cina sta cambiando se stessa e il mondo suggerisce una riflessione. L’ambizione cinese è quella di passare rapidamente da follower a leader della economia della conoscenza (11). Per raggiungere questo obiettivo, fino ad oggi, la Cina ha fatto esclusivo ricorso al sapere scientifico occidentale. Pur avendo ricoperto per secoli un ruolo preminente e indipendente nello sviluppo delle conoscenze scientifiche (4), una caratteristica della strategia di sviluppo odierna della Cina è quella di far maturare i frutti tecnologici cresciuti sull’albero della scienza sviluppata dall’Occidente. Il fine è fabbricare prodotti del tutto simili a quelli realizzati in altri Paesi, ma col decisivo vantaggio concorrenziale rappresentato da prezzi più bassi. Quel che appare, dunque, è che a trainare questo processo di espansione sia esclusivamente una logica di mercato, che lascia ben poco spazio alle possibilità di trasmissione della cultura cinese sugli orizzonti mondiali.

Questo fenomeno ha radici ben più profonde di un semplice calcolo affaristico. Nel corso della sua storia, la Cina ha scarsamente sentito l’esigenza di imporre la propria cultura al di fuori dei confini nazionali. La stessa etimologia del suo nome (“Paese del Centro”) è indicatrice di questa bassa propensione. Al contrario, è l’unità dello Stato ad aver storicamente rappresentato la prima preoccupazione della società cinese. Pur non indifferente alla diffusione dei suoi valori culturali e sociali, la Cina ha sempre riposto fiducia che essi si potessero diffondere per “irradiazione” tra i suoi vicini, senza esercitare attive politiche di espansione culturale (12).

Viceversa, nella cultura occidentale si possono individuare almeno due antichissimi tratti di consapevole allargamento dei confini culturali: la missione civilizzatrice nei confronti dei popoli barbari avvertita dall’impero romano (13), e il proselitismo della religione cristiana (14). Mentre il “fardello dell’uomo bianco” (15) esercita ancora una notevole influenza socio-politica (16) (17), la Cina non ha conosciuto una corrispondente forza espansiva di natura culturale nel corso della sua storia. Anche le iniziative di recupero delle tradizioni antiche sono state indirizzate primariamente verso la promozione della coesione e dell’armonia dei rapporti sociali (18).

Tuttavia, nel corso degli ultimi anni la Repubblica Popolare Cinese non è stata indifferente alla necessità di esercitare il cosiddetto soft power (19) per rafforzare il proprio peso internazionale. Al tal fine, a partire dal 2015 Pechino ha costantemente incrementato le risorse per la diffusione dei prodotti dell’industria culturale cinese: film, centri di ricerca, sviluppo del turismo, ecc. (21). La Cina ha infatti compreso l’importanza di esercitare influenza nello scenario internazionale, apportando il proprio contributo di pensiero e di elaborazione culturale. Una iniziativa che non pare, però, rovesciare i tratti culturali sopra esposti. A dominare è, infatti, l’esigenza di irrobustire la presa sui mercati, e di riscattare l’umiliazione subita nella fase del colonialismo (22). In questo scenario, l’iniziativa più importante è la diffusione degli istituti Confucio, sostenuta dall’Office of Chinese Language Council International. Nuove sedi di questi centri di ricerca sono sorte in tutti i continenti, ma sono strategicamente concentrate nelle aree dove gli interscambi commerciali con la Cina sono più intensi (23).

Pur non trovandosi nel DNA cinese, l’espansione culturale è sostenuta poiché funzionale alle politiche mercantilistiche del governo di Pechino (24). Lo sviluppo tecnologico e l’esportazione dei tratti culturali seguono, dunque, il tracciato di una aggressiva strategia geopolitica.

Fino ad oggi, la narrazione della crescita cinese si è concentrata su diversi temi: il rispetto dei diritti umani (25), la concorrenza sleale delle merci cinesi (dumping) (26) con annesse minacce di guerre commerciali (27), gli impatti sul clima (28), il rapporto tra crescita economica e sistema politico scarsamente democratico (29). Una discussione sulle origini e le modalità dell’espansione culturale cinese non appare meno rilevante. In particolare, analizzare il punto di rottura rispetto alla tradizione storica cinese, e considerare le basi di natura più mercantilistica che culturale a sostegno della strategia di espansione, possono essere elementi importanti per comprendere meglio alcuni processi che impattano sempre più pesantemente sull’Occidente.

 

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