Un guanto robotico facilita il lavoro di astronauti e operai

Guanto robotico

La NASA, in collaborazione con General Motors, ha creato un nuovo guanto robotizzato per supportare il lavoro manuale e alleviare lo sforzo necessario a eseguire movimenti ripetitivi. II K-glove o Robot-glove, come è stato denominato, è  in grado di ridurre lo sforzo necessario ad afferrare strumenti anche piuttosto pesanti, e di diminuire i rischi di infortunio legati a stress prolungati. Un vantaggio notevole soprattutto per gli astronauti che si trovano ad operare nelle lunghe e complicate missioni nello spazio aperto.

Il primo robot di forma umana al servizio degli astronauti

Il prototipo è stato sviluppato all’interno del progetto Robonaut 2 o R2, primo robot antropomorfo inviato nello spazio con lo scopo di svolgere attività di supporto agli astronauti. Attualmente in fase di sperimentazione a bordo della stazione spaziale internazionale, R2 è nato per svolgere operazioni exrtaveicolari di controllo e manutenzione  che sarebbero troppo pericolose per operatori in carne e ossa.  Per questo uno dei requisiti fondamentali di questo progetto era che il robot potesse maneggiare non solo strumenti appositamente disegnati per le sue mansioni, ma anche quelli normalmente utilizzati dagli astronauti.

Il prototipo del guanto robotico

La necessità di un’adeguata manovrabilità degli oggetti ha condotto alla realizzazione della tecnologia che è alla base del guanto robotico, che si compone di attuatori, situati nella parte superiore del dispositivo e sensori di pressione posizionati sui polpastrelli, che riconoscono quando la mano sta afferrando un oggetto e azionano dei tendini sintetici, portando le dita in posizione di presa. Il prototipo pesa circa 900 grammi, si alimenta tramite batterie al litio e incorpora un display per la programmazione e la diagnostica. Attualmente si sta già lavorando su un nuovo modello, di dimensioni inferiori e più leggero.

“Il prototipo del guanto offre al mio team una promettente opportunità di esplorare nuove idee e sfida il nostro pensiero tradizionale  di quello che può essere la manualità extraveicolare” dichiara Trish Petete, responsabile della Crew and Thermal Systems Division del Johnson Space Center della NASA.

 

 
Tecnologie aerospaziali e sicurezza

Una delle sfide della General Motors è far sì che queste tecnologie raggiungano le officine per supportare il lavoro degli operatori del settore metalmeccanico e dell’industria degli autoveicoli.

Non è la prima volta che un gruppo automobilistico beneficia di tecnologie aerospaziali per migliorare il livello di sicurezza in ambito lavorativo o stradale. La Volkswagen, per esempio,  ha sviluppato sensori supersottili per i crash test adattando alle vetture  da testare i sensori piezoelettrici utilizzati dall’ESA per misurare la pressione sui veicoli spaziali in fase di rientro in atmosfera terrestre. Una lamina sottilissima che converte movimenti, forze e vibrazioni in segnali elettrici, e in grado di seguire  il movimento della superficie a cui è incollata invece di distruggersi durante l’impatto con un ostacolo, fornisce informazioni precise su quali parti si deformano durante l’urto, in che direzione e in quali momenti.

Sviluppi futuri

Altre estensioni della tecnologia di R2 attualmente in fase di sviluppo sono dei bracci robotici da impiegare nella nuova generazione di veicoli per le esplorazioni spaziali che la NASA prevede di utilizzare sulla superficie lunare e sul pianeta rosso.

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