Ripensiamo l’economia per le prossime crisi

La crisi economica innescata dalla pandemia da Covid-19 ha suscitato decine e decine di dibattiti economici, sia nel variegato mondo accademico che nel più confuso mondo degli opinionisti. La capacità di prevedere crisi e pianificare un’azione preventiva, i provvedimenti a tutela di famiglie e imprese, la tempestività di intervento, la possibilità di fare debito e molto altro.
Per quanto ricco di idee possa essere il dibattito, alcune convinzioni sembrano aver smontato – temporaneamente o meno – certi dogmi tipici prevalentemente del pensiero economico dominante. Due su tutte: il fondamentale ruolo dello Stato nell’economia e il superamento di semplicistici e statici vincoli di bilancio.
Gli appelli, i rapporti, i documenti, le proposte si sono moltiplicate su svariati temi [1]: dal reddito di emergenza universale alla ripartenza in chiave ambientalmente sostenibile, dalla creazione di squadre di esperti presso gli organi esecutivi alla necessità di nuove forme di finanziamento comunitarie, dalle riforme dell’Unione Europea al “rimbalzo” verso una nuova normalità.

Tra i firmatari di alcuni dei sopracitati appelli c’è il Prof. Mauro Gallegati dell’Università Politecnica delle Marche: abbiamo parlato con lui di questi temi. Mauro Gallegati insegna macroeconomia presso la Facoltà di Economia di Ancona “Giorgio Fuà”; è autore di numerosi lavori di ricerca sui temi legati alla complessità in economia, in collaborazione, tra gli altri, con Joseph Stiglitz, Bruce Greenwald, Domenico Delli Gatti e Stefano Battiston. I suoi due libri più recenti sono Acrescita, sull’inadeguatezza della teoria economica attuale [2], e il più recente Condominio Terra, scritto con il biologo Roberto Danovaro, che disegna un’economia per tenere uniti società e ambiente [3].

Insieme al professor Gallegati, abbiamo approfondito alcuni aspetti dell’economia pre e post Covid-19 con Andrea Roventini: professore associato alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, esperto di analisi di sistemi complessi e degli effetti delle politiche monetarie, fiscali, tecnologiche e climatiche. È principal investigator del progetto della Commissione Europea Horizon 2020 Growth Welfare Innovation Productivity (GROWINPRO). Ha condiviso pubblicazioni, tra gli altri, con Giorgio Fagiolo e Giovanni Dosi. È membro della Task Force del Ministero per l’Innovazione Tecnologica e per la Digitalizzazione per l’uso dei dati contro il Covid-19.

La crisi climatica stava già evidenziando l’inadeguatezza del modello economico dominante, sollecitando non pochi tentativi di riforma del sistema (con anche numerosi risultati significativi), senza tuttavia riuscire a imprimere la sufficiente dose di coraggio. La crisi sanitaria, come se fosse una crisi climatica accelerata, ha confermato questa inadeguatezza: non sarà forse il caso, quindi, di fare un bel salto in avanti?

Mauro Gallegati e Andrea Roventini: Europa, Stato, spesa e indicatori economici

Professor Gallegati, la crisi da coronavirus ha convinto la Commissione Europea a sospendere il Patto di Stabilità e Crescita per poter superare i vincoli di bilancio. Una volta usciti dalla crisi, dovrà essere ripristinato oppure è doveroso pensare ad altri tipi di approcci alla spesa?

“Quando si aderisce ad una Unione Monetaria si rinuncia a due strumenti di politica economica: il tasso di interesse e la svalutazione. In pratica, ogni paese rinuncia ad avere una sua propria politica monetaria e senza una politica fiscale comune i singoli paesi – soprattutto i più deboli – sono in balia dei mercati. L’euro come è oggi è una costruzione incompleta in quanto poggia solo sulla gamba monetaria. C’è bisogno di quella fiscale (welfare, infrastrutture, ecc.) senza i vincoli della Troika. Sarà bene ricordare che i vincoli – tipo 3% o 60% – derivano da una teoria inesatta. La teoria è quella di Arrow e Debreu, smentita poi dagli stessi Arrow e Debreu.

La BCE – dice la Corte Costituzionale Tedesca – non può continuare a comprare titoli di Stato al ritmo di Draghi, poiché di fatto sta monetizzando i debiti. Temo che siamo arrivati al limite di sopravvivenza dell’Unione: per gestire la crisi servono politiche fiscali – ad esempio un RecoveryFund immediato intorno ai 1000 miliardi di euro e ‘distribuire almeno metà delle risorse sotto forma di trasferimenti e non prestiti’. Quindi la crisi ci pone al bivio: o si cambia – e l’EU si dota di una politica fiscale comune – o si rompe l’unione monetaria.”

Pensiamo al dibattito sul prezzo delle mascherine: pare proprio che se non fosse intervenuto lo Stato, il mercato non sarebbe riuscito a fissare dei prezzi equi. Ma non esisteva la ‘mano invisibile’ del mercato?

“La ‘mano invisibile’ – come dimostra l’economia neoliberista – può esistere solo con ipotesi impossibili (ad esempio, si sa che il 12 luglio 2037 a Roma pioverà). Nonostante ciò, qualche economista dice: ‘Ha pienamente senso che il prezzo delle mascherine si impenni. I prezzi più alti servono ad allocare le mascherine a chi ne ha veramente bisogno. E a scoraggiare quelli meramente ansiosi. Non è sciacallaggio. È razionalità’. Ergo solo un ricco può permettersi l’ansia.

Per non enunciare tali leggerezze basta conoscere il teorema di Greenwald-Stiglitz: il teorema ‘enuncia che allocazioni efficienti da parte del mercato non possono essere raggiunte senza intervento dello Stato ogniqualvolta vi siano imperfezioni informative e/o mercati incompleti. […] In estrema sintesi, il teorema dimostra che i mercati reali sono inefficienti, ovvero che le condizioni necessarie (concorrenza perfetta, assenza di asimmetrie informative e così via) non sono mai verificabili.’” [4]

Che ruolo deve avere lo Stato, quindi, per affrontare le crisi di breve e lungo periodo? Crisi pandemica e crisi climatica hanno bisogno di essere governate come quando si pianificarono le missioni Apollo per andare sulla Luna: avendo una visione. Ma questo significa che lo Stato dovrà addirittura sostituire i mercati?

Ascolta l’approfondimento con il Prof. Andrea Roventini:

Professor Gallegati, i collegamenti tra crisi sanitaria e crisi climatica sono noti. L’IPCC stima un impiego del 2.5% del PIL mondiale per la conversione ecologica verso lo scenario di aumento di temperatura di 1.5°C. [5] Non dovrebbe essere ragionevole, quindi, pensare a come spendere piuttosto che a quanto spendere?

“Sì. L’economia neoliberista ha, in una delle sue forme più estreme, una raccomandazione di politica economica assai semplice: lasciar fare al mercato e che lo Stato si occupi dei più fragili – come scriveva Marshall, di ‘vedove e orfani’ – e delle recessioni e crisi, ossia di quando il mercato non funziona. Questa visione ha contribuito a produrre una crescita economica esponenziale, ma fragile, che sta distruggendo la Natura, in definitiva noi stessi. Comunque finirà la ‘disputa teorica’ tra le scuole economiche un risultato è certo: l’economia non può consumare tutto il capitale naturale. Se la Natura ‘finisse’, l’uomo e la sua economia scomparirebbero, mentre il contrario non è vero. Uno dei risultati principali dell’economia mainstream è quello di ottenere come equilibrio del sistema la piena occupazione del lavoro ed il pieno utilizzo del ‘capitale’ – senza alcun intervento esterno, come può essere quello dello Stato, per cui le politiche economiche più opportune sono quelle dell’austerità fiscale e della flessibilità – sulla base di pochi assiomi e assunti inverosimili.

Giorgio Lunghini ha scritto che il neoliberismo è riuscito laddove anche le scienze fisiche hanno fallito: presentare le proprie ‘leggi’ come verità inconfutabili, come se il rigore analitico è tutto e la rilevanza pratica quasi nulla perché nulla è la sua applicabilità. Nonostante questo, gli economisti pretendono di suggerire ai politici ricette al fine di ‘crescere’ di più – non di aumentare il nostro benessere, facendo coincidere questo con la quantità di beni e servizi a disposizione del consumatore senza riguardo alla Natura e alla Società – con dosi di flessibilità e austerità. Piuttosto che cercare solo una crescita più sostenuta, è ormai tempo di chiedersi ‘per chi’ e ‘contro cosa’. Ormai la quasi totalità degli scienziati ci ammonisce che proseguendo per questo sentiero di crescita l’esito sarà un collasso ambientale. Sembra non esistere altra via che cambiare l’attuale modello di sviluppo. La politica deve guidare il cambiamento dall’economia rapace all’economia del bene comune.

La politica economica da 40 anni si ispira al neoliberismo: prescrive alle imprese private di creare ricchezza e di lasciare allo Stato l’intervento in economia solo per cercare di risolvere i problemi quando si presentano, attribuendoli ad elementi esterni non controllabili, senza invece interrogarsi se questi siano creati dal funzionamento del capitalismo. Così facendo si è allentata la rete di protezione e sicurezza per i lavoratori – soprattutto precari e ‘working poor’ – in società dove la disuguaglianza a sfavore dei poveri è crescente e la sanità pubblica è penalizzata a favore del privato.”

Cercare di misurare gli impatti sulla salute e sull’ambiente ci spinge sempre più ad utilizzare indicatori economici che superino il PIL, ad esempio gli indici di Benessere Equo e Sostenibile (BES) [6]. Quali sono i principali difetti del PIL? Perché il BES non riceve quantomeno la stessa attenzione?

“Durante la grande depressione del 1929 le autorità di politica economica si trovarono sprovviste di un indicatore che, in qualche modo, li aiutasse a valutare la contingenza economica, l’occupazione e l’inflazione. Per questo negli Stati Uniti venne incaricato Simon Kuznets per elaborare uno schema di misurazione dell’economia. Dall’altra parte dell’Atlantico, Keynes i suoi collaboratori disegnano la costruzione del prodotto interno nota e ancora oggi usato come PIL. Lo schema manca di ogni relazione con il benessere e la Natura.  Se si produce inquinando, al PIL non interessa, poiché si occupa di misurare solo le quantità che passano attraverso il mercato a cui lo stesso attribuisce un prezzo. Il successo del PIL è stato enorme, favorito dal fatto che tale metrica si poteva facilmente applicare a livello internazionale. Ma ripeto: il PIL non ha nessuna relazione col benessere. Di ciò abbiamo evidenza oggi con il problema del riscaldamento globale e dell’inquinamento. È come se l’economia si fosse cacciata in una trappola evolutiva cercando il profitto di breve periodo in contraddizione con la sua stessa sopravvivenza.

Esistono ormai da molti anni degli indicatori che cercano di superare il PIL. In Italia, per esempio, l’ISTAT e il CNEL hanno prodotto il BES. Questo è entrato tre anni fa nel DEF (Documento di Economia e Finanza). Anche l’OCSE ha un indice chiamato Better Life [7]: tutti utilizzano un cruscotto di indicatori (economici, sociali e ambientali). Se questo riuscirà a soppiantare il PIL è – anche – legato al fatto che la visione mercatista dell’economia sia superata dalla visione che mette al suo centro l’uomo ed il suo benessere.

Come possono economia e finanza riuscire ad andare oltre il PIL o, comunque, svincolarsi dalla sola massimizzazione del profitto? Le crisi sono parte costitutiva di un sistema complesso – come la biosfera in cui viviamo – e come tale vanno affrontate: considerando l’eterogeneità degli stimoli. Cos’è l’Agenda 2030? Può servire in questo senso?

Ascolta l’approfondimento con il Prof. Andrea Roventini:
I

Note e Bibliografia

[1] Appelli di economisti sulla gestione della crisi: https://www.repubblica.it/economia/2020/03/11/news/appello_degli_economisti_la_ue_adotti_msiure_per_fronteggiare_la_crisi_-250992416/, http://www.greenreport.it/news/economia-ecologica/ue-ecco-cose-necessario-fare-contro-la-recessione-da-coronavirus-lappello-di-67-economisti/, http://temi.repubblica.it/micromega-online/ue-appello-di-101-economisti-al-governo-non-firmate-quell-accordo/.

[2] Gallegati M., Acrescita, Einaudi, 2016.

[3] Gallegati M., Danovaro R., Condominio Terra, Slow Food, Giunti, 2019.

[4] Teorema di Greenwald, Wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Teorema_di_Greenwald.

[5] IPCC, Special Report del 2018: Riscaldamento globale di 1.5°C, Sommario per decisori politici, trad. italiana: https://www.sisclima.it/wp-content/uploads/2019/07/SR15_SPM_ita.pdf.

[6] ISTAT, Indicatori di Benessere Equo e Sostenibile, introdotti con Legge 163/2016 primo firmatario On. Francesco Boccia: https://www4.istat.it/it/benessere-e-sostenibilit%C3%A0/misure-del-benessere/le-12-dimensioni-del-benessere

[7] OCSE, Better Life Index: http://www.oecdbetterlifeindex.org/it/#/11111111111.

Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, link sull’inserimento del principio di sviluppo sostenibile in Costituzione: https://asvis.it/home/46-2523/la-prossima-legislatura-deve-mettere-lo-sviluppo-sostenibile-nella-costituzione, https://asvis.it/home/46-5210/la-legge-di-bilancio-2020-e-lo-sviluppo-sostenibile.

Giovannini E. L’Utopia Sostenibile, Laterza, 2018.

Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Digitalizzazione, Task Force per l’uso dei dati, 2020: https://innovazione.gov.it/DM-task-force/.

Nazioni Unite, Agenda 2030: https://unric.org/it/agenda-2030/.

Raworth K., L’Economia della Ciambella, Edizioni Ambiente, 2017, trad. italiana.

Stockholm Resilience Centre, Contributions to Agenda 2030: https://www.stockholmresilience.org/research/research-news/2017-02-28-contributions-to-agenda-2030.html.

World Economic Forum, The Global Risks Report 2020, 2020: https://www.weforum.org/reports/the-global-risks-report-2020.

Audio trattoda YouTube Audio Library.

Brani che necessitano di citazione:

Divertissement di Kevin MacLeod è un brano autorizzato da Creative Commons Attribution (https://creativecommons.org/licenses/by/4.0/)
Fonte: http://incompetech.com/music/royalty-free/index.html?isrc=USUAN1100256
Artista: http://incompetech.com/

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