Il clima del giorno dopo: il dossier

Il futuro che ci aspetta sarà mediamente e globalmente più caldo. Secondo le stime dell’Emissions Gap Report del 2019 dell’UNEP (programma ambientale delle Nazioni Unite) per fine secolo si raggiungeranno 3,2°C in più rispetto all’epoca preindustriale, invece dei 1,5°C richiesti dall’Accordo di Parigi.

Le conseguenze di un simile aumento di temperatura sono molteplici, conosciute da anni e continuamente aggiornate e revisionate – come nel rapporto Global Warming of 1.5°C del 2018 dell’IPCC (il gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici). Lo scioglimento dei ghiacci continentali determinerà l’aumento del livello del mare fino a un metro, e la riduzione delle calotte polari porterà a una minore capacità di riflettere la luce del sole che, trasformandosi così in raggi infrarossi, contribuirà a scaldare ulteriormente l’atmosfera. Crisi idriche e alimentari verranno aggravate dalle perdite agricole dovute a eventi meteorologici più violenti e meno prevedibili, alluvioni più impattanti, incendi più probabili, siccità e ondate di calore più forti e più frequenti. Importanti impatti sulla salute sono legati, oltre che alla minore sicurezza alimentare, alla maggiore circolazione di vettori virali, con possibili epidemie e conseguenti migrazioni in massa le quali, secondo il rapporto Groundswell: Preparing for Internal Climate Migration del 2018 della World Bank, coinvolgeranno oltre 140 milioni di persone entro il 2050.

Le soluzioni – come verrà descritto anche da alcuni degli articoli del dossier – ci sono e sono in gran parte tecnologicamente mature. Per mitigare l’innalzamento delle temperature bisogna agire sulla sua causa, che è l’aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera. Per questo bisogna passare dalle fonti di energia fossile (carbone, petrolio e gas naturale) alle fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico, idroelettrico, geotermico, ecc.) e, contemporaneamente, rendere più efficiente l’infrastruttura energetica, il sistema dei trasporti, l’industria agricola e quella zootecnica. Ma è anche necessario che gli Stati investano in ricerca di base e applicata per migliorare e testare tecnologie innovative.

Le azioni politiche vanno concentrate su due filoni: mitigazione del cambiamento climatico e adattamento agli effetti inevitabili. In più, è necessario che la transizione ecologica avvenga nella maniera più democratica possibile, perché nessuno rimanga indietro. Come è stato per la prima volta formulato dalla Commissione Brundtland nel 1987 nel rapporto Our Common Future, è necessario che il nostro modello di sviluppo divenga sostenibile. In altre parole: il perno del nuovo paradigma deve diventare la giustizia tra generazioni, per cui i bisogni delle generazioni attuali non possono erodere quelli delle generazioni future.

In tutto questo la comunicazione della scienza svolge un ruolo essenziale. Per costruire una cittadinanza attiva e partecipe alle decisioni, le persone devono essere consapevoli sia della gravità del problema che della possibilità concreta di risolverlo. Viviamo un’epoca che molti ormai chiamano Antropocene, in cui è centrale la percezione della complessità delle interazioni tra umani e resto della natura. Una complessità che va considerata: a livello scientifico, favorendo l’interdisciplinarità; a livello economico, accettando l’irragionevolezza di modelli a crescita infinita; a livello politico e sociale, riconquistando insieme, istituzioni e cittadini, una coscienza collettiva.

Buona lettura!

Indice

Bibliografia

UNEP, Emissions Gap Report, 2019: https://www.unenvironment.org/resources/emissions-gap-report-2019

IPCC, Global Warming of 1.5°C, 2018: https://report.ipcc.ch/sr15/pdf/sr15_spm_final.pdf

World Bank, Groundswell: Preparing for Internal Climate Migration, 2018: https://www.worldbank.org/en/news/press-release/2018/03/19/climate-change-could-force-over-140-million-to-migrate-within-countries-by-2050-world-bank-report

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